Quindi tenere un profilo basso, fare uscire qualche frase di circostanza nelle conferenza stampa dell’ultimo giorno, e alla via così, dimentichi delle dignità istituzionale che ogni tanto, puntando sulla coscienza dei singoli, porta ad una cosa che si chiamano dimissioni. Non succede nello sport italiano, o almeno, non nell’atletica.
Mentre ci stavamo ormai assuefacendo all’oblio, ecco però che Ruggiero Palombo nella rubrica “politico-sportiva” della Gazzetta dello Sport in edicola oggi, con un guizzo attacca a testa bassa Alfio Giomi, uomo sostanzialmente in fuga dalle responsabilità politiche dovute alle ormai conclamate falle gestionali cui non riesce a far fronte da 5 anni.
“Stupefacente Alfio Giomi. I Mondiali di atletica di Londra, con relativo sfacelo annunciato della spedizione azzurra si sono svolti dal 4 al 13 agosto. Lui che fa, mentre infuriano le polemiche e l’inchiesta della Gazzetta mette a nudo a colpi di interviste tutte le magagne federali? Con un comunicato del 21 agosto convoca una riunione della “programmazione tecnica” chiamata a valutare gli esiti della spedizione e a varare gli indirizzi strategici per il triennio 2018-2020 (testuale)”.
Per fortuna che da fuori, quindi, ci sia qualcuno che riesca ad osservare con un minimo di oggettività il paradosso di uno sport dove, ad oggi, a due settimane dalle fine dei disastrosi Mondiali (annunciati, perchè da Pechino a Rio, fino a Londra, non è cambiato poi molto), non ha visto una sola voce dal “di dentro“, dal palazzo, alzare il ditino e dire: “io mi dimetto” (a parte Magnani a tempo scaduto), oppure criticare le scelte e mettere in discussione tutto. Silenzio del Presidente, silenzio dei DT, silenzio dei consiglieri. Parola d’ordine: “far dimenticare”, non certo “mi dimetto”. Siam mica pazzi?
L’evidente, facilmente pronosticato e puerile tentativo di rimandare l’assunzione di responsabilità politico-gestionali non è passato inosservato anche questa volta, a ben vedere la reazione rabbiosa dalla rosea.
Pensate infatti che viene detto sul medesimo fondo di Palumbo.
Sostanzialmente la data prescelta per “valutare gli esiti della spedizione” londinese (ci vorrà ben un mese per capirlo, evidentemente: in questi giorni saranno probabilmente tutti impegnati a tracciare algoritmi e teorie quantiche che raccontino quello che è successo), scrive, avverrà il 12 di settembre con la conferenza stampa il giorno successivo. Palombo, ironicamente, sottolinea come la data potrebbe essere evocativa del record del mondo di Mennea e per tale motivo la scelta. Ma basta un rigo per scatenare un’altra bordata:
“…forse un dispetto, o piuttosto un astuto machiavellismo, riservato a Giovanni Malagò, che il giorno della conferenza stampa non potrà esserci perchè impegnato… a Lima per le sessione del CIO..”.
Insomma, aspettiamo che il padrone di casa esca, e ce la risolviamo qui tra noi amici in fretta e furia e via, dimenticato tutto.
Ma Palombo, che deve conoscerlo evidentemente molto bene, preconizza le possibili reazioni di Malagò (“che metà delle vacanze se l’è rovinate proprio a causa dell’atletica italiana nell’estate delle 16 medaglie del nuoto“) a questa trovata finalizzata, si deduce, ad evitare la strigliata papale.
“Dopodomani, al suo rientro al Foro Italico, la prima cosa che farà sarà convocare Giomi per avere con lui, come si usa dire in queste circostanze, un franco scambio di opinioni“.
Dimissioni?
“Niente richiesta di dimissioni, per carità, non è nello stile, ma qualcosa sì…”.
Non è nello stile di nessuno a dire il vero, nel mondo dello sport (a parte Abate, un signore). E qui arriva la terza legnata dell’articolo.
“…perchè nel frattempo la Fidal del Giomi paladino del togliere i soldi al calcio per destinarli all’altro sport ha incassato, ma presenta conti in profondo rosso oltre ai risultati che sappiamo“.
A questo punto il giornalista della Gazzetta fa trapelare gli umori di Malagò. Il presidente del CONI potrebbe infatti “suggerire” di spostare l’obiettivo sulla “centralizzazione e selezione“, ovvero ritorno a Formia e Tirrenia, “cioè l’esatto contrario di quella che finora è stata la linea Giomi” (forse Palombo dimentica che le stesse cose erano già state “suggerite” anche dallo stesso Malagò, evidentemente inascoltato, sia dopo Pechino che dopo Rio).
E poi, scrive sempre Palombo, è probabile che “Malagò parlerà“, come un santone che ha deciso di disvelarci qualche arcano segreto. Ma lo farà “a taccuini e telecamere aperte“. Quando? “prima del 13 settembre“.
Ora, fossimo in un Paese normale, Giomi si sarebbe dimesso il giorno dopo il disastro di Londra (ma anche il giorno dopo il disastro di Pechino e il giorno dopo il disastro di Rio). Se fossimo in un Paese normale Malagò avrebbe chiesto le dimissioni di Giomi (che poi ce l’ha nel consiglio del CONI… gli voterà poi sempre contro?). Se fossimo in un Paese normale “parlare” con la stampa sarebbe la cosa più naturale del mondo: i fondi sono pubblici, o della collettività atletica. Se fossimo in un Paese normale il Ministro dello Sport si sarebbe fatto sentire.
E il rispetto per chi fa sacrifici per raccogliere il denaro e cederlo nelle proprie tasse (raccolto sia come denaro pubblico che denaro “societario”?), non meriterebbe qualche spiegazione pubblica in più?
Invece non succederà nulla, cari lettori. Come ricordavamo prima, Malagò aveva già tuonato nel dopo Pechino e nel dopo Rio chiedendo le stesse cosa che chiederà a Giomi nel dopo Londra appena il verbo sarà pronunciato. E i giorni, i mesi, gli anni passano.
Il fatto che poi i “verba volant” di Malagò si traducano poi in un sostanziale nulla di fatto nel tempo (visto che sembra che tutto nell’atletica prosegua come prima, sia con, che senza i verbadi Malagò), ci raccontano anche che, per quanto ce la possano presentare a tinte fosche e apocalittiche i media, Giomi continuerà indisturbato a (non) fare quello che vorrà. Scordiamoci il rimorso di coscienza, o un rigurgito di vergogna istituzionale quale “motore” di possibili azioni clamorose.
Giomi è semplicemente inamovibile, a meno che qualcuno si alzi e convochi un’assemblea straordinaria. E abbiamo già provato come le figuracce globali non siano un problema all’ordine del giorno e non stimolino alcuna spinta propulsiva. Il problema è solo quello di farle metabolizzare alla stampa (che si ottiene semplicemente facendo passare tempo).
In tutto questo l’aspetto più triste e deprimente, è forse il silenzio assordante dei presidenti delle società civili, quelle che continuano a confermare la propria fiducia a Giomi e al suo gruppo, invece di reagire in qualunque modo e creare dei circoli virtuosi di scelte in tutti i campi. Loro che potrebbero fare davvero qualcosa.
Ma Loro, si sa, si sveglieranno dal loro torpore solo ad un paio di mesi dalle prossime elezioni federali, quando tutto questo sarà già dimenticato da un pezzo e conteranno più i rimborsi chilometrici che le medaglie olimpiche.