Olimpiadi e primati, nel 2021 il binomio va a braccetto anche nell’edizione posticipata di Tokyo 2020. Tre record mondiali caduti nei Giochi in Giappone, come nel 2016 a Rio de Janeiro, uno in meno di Londra 2012 e Pechino 2008, quando entrambe le rassegne si chiusero con quattro primati nuovi di zecca. In Oriente, però, è l’enormità delle prestazioni ad aver fatto la differenza: un doppio limite, maschile e femminile, sui 400 ostacoli con Karsten Warholm (45.94) e Sydney McLaughlin (51.46), e quello femminile nel salto triplo grazie al terzo, lunghissimo jump di Yulimar Rojas (15,67). A Rio la scena fu presa soprattutto da Wayde Van Niekerk (43.03 sui 400), con il contorno di due altri primati del mondo femminili (poi ancora aggiornati nel tempo) di Almaz Ayana sui 10.000 metri (29:17.45) e Anita Wlodarczyk nel martello (82,29). Se il salto nel futuro di Warholm è il lascito olimpico davvero paragonabile all’8,90 di Bob Beamon in Messico e al primato di Rudisha a Londra (1:40.91), oltretutto ottenuto in un duello fiammante con Rai Benjamin (46.17 e perdente!), i due record femminili, quello centrato dalla statunitense McLaughlin e ancora più quello della venezuelana Rojas, appaiono ancora migliorabili in condizioni di gara ideali. Una rassegna, in Oriente, con ben nove primati olimpici caduti, che sono dodici contando anche quelli ottenuti nei turni di qualificazione per la finale sui 1500 maschili e nella neonata staffetta mista.
IL LASCITO DI TOKYO. In chiave internazionale, detto del terzetto di olimpionici con il bonus del record mondiale, si staglia la figura di Elaine Thompson-Herah, al bis del doppio trionfo 100-200 ottenuto a Rio cinque anni prima (e d’oro anche con la 4×100), nel 2021 del boom di super-tempi nella velocità femminile: 90 le prestazioni legali complessive sotto gli 11 secondi, 24 quelle sotto i 10.80 (!), di cui otto a credito della formidabile giamaicana. Oltre alla sprinter, la conferma a cinque anni da Rio è riuscita a Faith Kipyegon sui 1500, a Ryan Crouser nel peso, a Nafi Thiam nell’eptathlon, a Eliud Kipchoge nella maratona, Shaunae Miller-Uibo sui 400 e Anita Wlodarczyk nel martello, unica a comporre un favoloso tris d’oro partito a Londra 2012.
HISTORY CHANNEL. L’impresa impossibile, nelle intenzioni, è stata mancata da Sifan Hassan. I suoi agognati tre titoli olimpici in una manciata di giorni si sono scontrati con la vittoria della Kipyegon sui 1500, in cui l’olandese ha perso anche da una spaziale Laura Muir. Le resta, si fa per dire, la doppia fenomenale accoppiata 5000-10.000 e il bronzo nel miglio metrico.
Sui 5000 la Hassan ha spodestato la Obiri-pigliatutto delle due ultime edizioni dei Mondiali, sui 10.000 ha vinto contro la Gidey che, in giugno, le aveva soffiato il primato del mondo a 48 ore di distanza dal record firmato dall’olandese, sempre a Hengelo. E’ stata l’Olimpiade dei sogni, cieli azzurri a parte, per la qualità delle prestazioni e, in alcune gare, per la bellezza del loro svolgimento. Menzione speciale per i 1500 maschili vinti dal norvegese Jakob Ingebrigtsen, per il pazzesco decathlon del canadese Damian Warner (il primo oltre i 9000 punti nel contesto olimpico), per il 12.26 controvento della portoricana Jasmine Camacho-Quinn sui 100 ostacoli, un record olimpico che, con Eolo alle spalle, sarebbe valso il primato mondiale di 12.20 della Harrison.
PRESENTE E FUTURO. In questo parterre di star, come non citare Joshua Cheptegei (un oro e un argento), Andre De Grasse (un oro, due bronzi), il primo storico oro all’India con il giavellotto di Neeraj Chopra, e l’incredibile generazione U20 di Athing Mu e Keely Hodgkinson, regina e reginetta degli 800? E le sorprese: l’oro ugandese di Peruth Chemutai sulle siepi. Ma soprattutto i tanti titoli persi strada facendo, per varie ragioni, dallo squadrone USA: nessun oro nelle sei gare individuali dai 100 ai 400, e una gara-simbolo del pronostico rovesciato, quella dei 110 ostacoli persi da Grant Holloway per pasticci tecnici con la vittoria ormai già a vista. La bellezza del momento e di quelli che verranno, in un unico sguardo iconico, quello della foto delle ragazze della staffetta 4×400 USA che ha stravinto l’oro. McLaughlin, classe 1999, due record mondiali nel 2021 e atleta più giovane mai schierata nel team USA olimpico (a Rio). Allyson Felix (1985), sette ori olimpici e al quarto oro consecutivo in staffetta (undici medaglie olimpiche in totale). Dalilah Muhammad (1990), privata del record dei 400hs ai Trials e seconda a Tokyo pur scendendo sotto il nuovo limite. Athing Mu, impossibile dire più di quanto mostri lei stessa in pista. Classe 2002. Il Dream Team della 4×400 donne, con un poker di generazioni e 17 anni di distanza tra la più matura e la più giovane, è il ponte d’oro su cui costruire un futuro pari alla bellezza del presente.
I RECORD MASCHILI DEL 2021. Oltre ai tre record del mondo di Tokyo (uno maschile, due femminili), il 2021 archivia due altri primati uomini, il 23,37 di Crouser nel peso e il 57:31 di Jacob Kiplimo nella mezza maratona. Per Warholm anche un “world best” sui 300 ostacoli (33.26), per Kiplimo ben due negli intermedi di Lisbona, 40:27 ai 15 km e 54:29 ai 20 km.
Il lituano Aleksandr Sorokin ha ottenuto quattro “world best” sulle 100 miglia, i 150 km, le 12 ore e le 24 ore di corsa su strada. Under 20: sei record del mondo maschili, dai 400hs di Sean Burrell (47.85) al doppio record di Erriyon Knighton sui 200 (19.88 e 19.84, superando Usain Bolt), all’altro uno-due del francese Sasha Zhoya sui 110hs da 99 centimetri (12.93 e 12.72), per finire al 38.51 della 4×100 del Sud Africa. Tra gli under 18, poker di record ancora di Knighton (20.11, 20.04, 19.88 e 19.84).
I RECORD FEMMINILI DEL 2021. Detto di McLaughlin (due primati mondiali) e Rojas, in pista strepitoso uno-due in 48 ore sui 10.000 per Sifan Hassan (29:06.82) e Letesenbet Gidey (29:01.03). Due mesi e mezzo dopo, l’etiope siglerà il primato mondiale di mezza maratona con un incredibile 1h02:52 (anche 59:46 al passaggio dei 20 km), togliendo oltre un minuto al limite firmato in aprile dalla keniana Ruth Chepngetich (1h04:02). Dai 2000 metri, 5:21.56 di Francine Niyonsaba, che ha dominato la scena dopo le Olimpiadi. Fuori pista, anche l’1h23:49 della cinese Yang Jiayu sui 20 km di marcia (otto minuti più lenta a Sapporo nella gara olimpica), il record dei 5 km su strada migliorato prima da Beatrice Chepkoech (14:43) e poi da Senbere Teferi (14:29), così come quello dei 10 km, prima da Agnes Tirop (30:01), tragicamente scomparsa poco dopo, e poi da Kalkidan Gezahegne (29:38). Tra le under 20, cinque limiti ufficiali stabiliti nel 2021 di cui tre dalla namibiana argento olimpico Christine Mboma, 49.22 e 48.54 sui 400, 21.81 sui 200, dove il 21.78 di Zurigo non è stato ratificato perché in assenza di test antidoping. Ancora, il 73,43 della martellista finlandese Silja Kosonen e il 42.94 della 4×100 della Giamaica ai Mondiali di categoria a Nairobi, che presenta un fatto curioso: tutte e quattro le frazioniste appartengono anche alla categoria U18, settore in cui un altro limite è caduto nel giavellotto da 600 grammi a firma della serba Adriana Vilagos (62,36), anche autrice di un limite U20 con l’attrezzo senior (61,46).
I RECORD D’EUROPA. Nove in totale, sette maschili e due femminili, con tre doppiette: una di Jakob Ingbrigtsen su 5000 (12:48.45) e 1500 (3:28.32), una sia europea che mondiale di Karsten Warholm sui 400hs (46.70 e 45.94), una di Lamont Marcell Jacobs sui 100 metri nello spazio di un mirabile pomeriggio azzurro (9.84 e 9.80) e infine, a sipario calato sulle Olimpiadi, il 2h03:36 di Bashir Abdi nella maratona. Al femminile, tra i primati continentali, alla Hassan resta il limite dei 10.000 (29:06.82), alla connazionale Femke Bol l’eccezionale 52.03 sui 400hs nella finale di Tokyo.
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